Omelia VII domenica del tempo ordinario - Anno A (Mt 5,38-48)
Feb 19, 2020 ·
5m 43s
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5973 OMELIA VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A (Mt 5,38-48) Il brano evangelico di oggi continua quello della domenica precedente, insegnando la perfezione nel precetto...
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5973
OMELIA VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A (Mt 5,38-48)
Il brano evangelico di oggi continua quello della domenica precedente, insegnando la perfezione nel precetto della carità. Prima di tutto, Gesù parla della cosiddetta "legge del taglione" che infliggeva al colpevole lo stesso danno arrecato agli altri. Questa legge era nota fin dall'antichità e fu accolta anche dagli ebrei. La legge del taglione, così severa e spietata, era comunque un grande miglioramento rispetto agli eccessi delle vendette personali un tempo tanto praticate. Nel libro della Genesi, ad esempio, si legge che Lamec si vantava di praticare una vendetta settanta volte sette maggiore dell'offesa ricevuta (cf Gen 4,24). A queste parole di Lamec faranno poi riscontro le parole di Gesù, il quale insegna di perdonare settanta volte sette.
Gesù porta a perfezione il precetto della carità fraterna superando la legge del taglione e insegnando di "non opporsi al malvagio" e di "porgere l'altra guancia" (cf Mt 5,39). Gesù introduce questo insegnamento nel solito modo, con le parole: «Io vi dico», parole che esprimono molto bene la sua autorità divina. L'insegnamento di Gesù è molto importante e molto esigente. Tuttavia le sue parole non devono essere prese alla lettera: il cristiano può e deve difendersi. La Chiesa ha sempre insegnato la legittimità di una difesa proporzionata all'offesa, soprattutto quando bisogna difendere i propri cari. Queste parole: "Non opporsi al malvagio", "porgere l'altra guancia", «lascia anche il mantello» devono essere prese nel senso che il cristiano non deve covare odio e rancore: anche quando è costretto a difendersi, egli deve amare i nemici e pregare per loro.
Gesù continua il suo insegnamento dicendo: «Da' a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle» (Mt 5,42). Se abbiamo la possibilità di fare del bene, non perdiamo questa occasione e non rimandiamo a domani quello che possiamo fare oggi! Chissà: un giorno potremo trovarci nella stessa situazione di bisogno e allora raccoglieremo ciò che avremo seminato.
Poco più avanti, Gesù dice: «Avete inteso che fu detto: "Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico"» (Mt 5,43). L'odio per il nemico non si trova nell'Antico Testamento. Esso, in qualche modo, si rifà ai brani biblici che imponevano agli ebrei una netta separazione dai pagani (cf ad es. Dt 20,13-17). Con queste parole, Gesù si riferisce a una mentalità molto diffusa presso il popolo d'Israele che si trova codificata nella regola della comunità di Qumran, una comunità che viveva presso il Mar Morto e che si prefiggeva di vivere integralmente la Legge Mosaica nell'attesa del venturo Messia. In questa regola si leggeva che "i figli della luce" devono odiare tutti "i figli delle tenebre".
Gesù infrange anche questa barriera e afferma: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano» (Mt 5,44). E, come esempio di questo amore, il Signore indica il Padre Celeste che «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,45). Così deve essere la nostra carità: deve beneficare tutti, amici e nemici. In questo consiste la perfezione, la santità. Infatti, a chiusura di questo brano evangelico, Gesù afferma solennemente: "Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro Celeste" (Mt 5,48).
Per essere autenticamente cristiani, dobbiamo imitare la carità di Dio. Dobbiamo mirare decisamente a questa perfezione, ciò è volontà di Dio. La santità è dunque per tutti, essa non è riservata solo a pochi privilegiati. Il desiderio della santità deve essere al di sopra di tutto, dal momento che la santità è carità. Desiderare la santità significa pertanto voler amare sempre di più, Dio e il prossimo. È con la carità praticata che si cambia il mondo e, soprattutto, i cuori degli uomini.
Nella vita di san Francesco si racconta un episodio molto significativo. Vi erano dei briganti che ogni tanto venivano a chiedere al convento qualcosa da mangiare. Cosa fare: darglielo oppure no? I frati allora chiesero a san Francesco la soluzione. Il Santo risolse questo dubbio dicendo che, offrendo loro da mangiare, con il passare del tempo, essi si sarebbero convertiti. E così avvenne: tutti si convertirono e alcuni di loro chiesero di divenire frati.
Il sole della carità aveva illuminato quei briganti e li aveva convertiti. Facciamo risplendere questo sole anche nella nostra vita, in questo modo molti incontreranno Dio.
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OMELIA VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A (Mt 5,38-48)
Il brano evangelico di oggi continua quello della domenica precedente, insegnando la perfezione nel precetto della carità. Prima di tutto, Gesù parla della cosiddetta "legge del taglione" che infliggeva al colpevole lo stesso danno arrecato agli altri. Questa legge era nota fin dall'antichità e fu accolta anche dagli ebrei. La legge del taglione, così severa e spietata, era comunque un grande miglioramento rispetto agli eccessi delle vendette personali un tempo tanto praticate. Nel libro della Genesi, ad esempio, si legge che Lamec si vantava di praticare una vendetta settanta volte sette maggiore dell'offesa ricevuta (cf Gen 4,24). A queste parole di Lamec faranno poi riscontro le parole di Gesù, il quale insegna di perdonare settanta volte sette.
Gesù porta a perfezione il precetto della carità fraterna superando la legge del taglione e insegnando di "non opporsi al malvagio" e di "porgere l'altra guancia" (cf Mt 5,39). Gesù introduce questo insegnamento nel solito modo, con le parole: «Io vi dico», parole che esprimono molto bene la sua autorità divina. L'insegnamento di Gesù è molto importante e molto esigente. Tuttavia le sue parole non devono essere prese alla lettera: il cristiano può e deve difendersi. La Chiesa ha sempre insegnato la legittimità di una difesa proporzionata all'offesa, soprattutto quando bisogna difendere i propri cari. Queste parole: "Non opporsi al malvagio", "porgere l'altra guancia", «lascia anche il mantello» devono essere prese nel senso che il cristiano non deve covare odio e rancore: anche quando è costretto a difendersi, egli deve amare i nemici e pregare per loro.
Gesù continua il suo insegnamento dicendo: «Da' a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle» (Mt 5,42). Se abbiamo la possibilità di fare del bene, non perdiamo questa occasione e non rimandiamo a domani quello che possiamo fare oggi! Chissà: un giorno potremo trovarci nella stessa situazione di bisogno e allora raccoglieremo ciò che avremo seminato.
Poco più avanti, Gesù dice: «Avete inteso che fu detto: "Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico"» (Mt 5,43). L'odio per il nemico non si trova nell'Antico Testamento. Esso, in qualche modo, si rifà ai brani biblici che imponevano agli ebrei una netta separazione dai pagani (cf ad es. Dt 20,13-17). Con queste parole, Gesù si riferisce a una mentalità molto diffusa presso il popolo d'Israele che si trova codificata nella regola della comunità di Qumran, una comunità che viveva presso il Mar Morto e che si prefiggeva di vivere integralmente la Legge Mosaica nell'attesa del venturo Messia. In questa regola si leggeva che "i figli della luce" devono odiare tutti "i figli delle tenebre".
Gesù infrange anche questa barriera e afferma: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano» (Mt 5,44). E, come esempio di questo amore, il Signore indica il Padre Celeste che «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,45). Così deve essere la nostra carità: deve beneficare tutti, amici e nemici. In questo consiste la perfezione, la santità. Infatti, a chiusura di questo brano evangelico, Gesù afferma solennemente: "Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro Celeste" (Mt 5,48).
Per essere autenticamente cristiani, dobbiamo imitare la carità di Dio. Dobbiamo mirare decisamente a questa perfezione, ciò è volontà di Dio. La santità è dunque per tutti, essa non è riservata solo a pochi privilegiati. Il desiderio della santità deve essere al di sopra di tutto, dal momento che la santità è carità. Desiderare la santità significa pertanto voler amare sempre di più, Dio e il prossimo. È con la carità praticata che si cambia il mondo e, soprattutto, i cuori degli uomini.
Nella vita di san Francesco si racconta un episodio molto significativo. Vi erano dei briganti che ogni tanto venivano a chiedere al convento qualcosa da mangiare. Cosa fare: darglielo oppure no? I frati allora chiesero a san Francesco la soluzione. Il Santo risolse questo dubbio dicendo che, offrendo loro da mangiare, con il passare del tempo, essi si sarebbero convertiti. E così avvenne: tutti si convertirono e alcuni di loro chiesero di divenire frati.
Il sole della carità aveva illuminato quei briganti e li aveva convertiti. Facciamo risplendere questo sole anche nella nostra vita, in questo modo molti incontreranno Dio.
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