Natale: giorno di gioia, di lotta e di vittoria
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7264 NATALE: GIORNO DI GIOIA, DI LOTTA E DI VITTORIA di Roberto de Mattei Dom Prosper Guéranger, il grande abate di Solesmes e autore del celebre Anno...
show moreNATALE: GIORNO DI GIOIA, DI LOTTA E DI VITTORIA di Roberto de Mattei
Dom Prosper Guéranger, il grande abate di Solesmes e autore del celebre Anno Liturgico è l'autore a cui attingiamo per meditare nei giorni del Santo Natale. E dom Guéranger ci invita a cercare in questi giorni con il nostro pensiero soprattutto tre luoghi.
Il primo è Betlemme, la grotta della Natività, l'umile asilo che il figlio dell'Eterno, disceso dal Cielo, ha scelto per la sua prima residenza. Tuttavia cercheremmo invano oggi a Betlemme la beata mangiatoia che accolse il Bambino Gesù. Da tredici secoli essa ha lasciato quei luoghi ed ha trovato accoglienza nel centro della Cattolicità, a Roma. La città sacra di Roma è dunque il secondo luogo del mondo che il nostro cuore deve cercare, e in questa città, il luogo che in questi giorni chiede tutta la nostra venerazione e tutto il nostro amore è la basilica di Santa Maria Maggiore che ospita la mangiatoia del Divino Infante, una delle più preziose reliquie della Cristianità.
IL NOSTRO CUORE
Ma c'è un terzo luogo, un terzo santuario, che a Natale deve ospitare il divino figlio di Maria. Questo terzo santuario è in noi: è il nostro cuore. E questa la Betlemme che Gesù vuole visitare, nella quale vuole nascere e stabilirsi. Noi veneriamo Gesù nel santo presepio, ma egli viene a noi in quella mangiatoia che deve diventare il nostro cuore. Però, avverte dom Guéranger, "O soldato di Cristo, impara che bisogna combattere per meritare di avvicinarsi al divino bambino: combattere per conservare in sé la sua presenza piena di amore; combattere per arrivare al giorno beato che ti farà tutt'uno con lui nell'eternità".
Combattere significa ricordare, anche nel giorno di Natale e in quelli successivi, che la vita cristiana è milizia sulla terra e che non c'è gioia, neppure quella sublime del Santo Natale, che sia inseparabile dalla sofferenza. Per questo Maria, che fu inondata di gioia nel dare alla luce il Redentore, fu anche inondata dal dolore, conoscendo le sofferenze che avrebbero accompagnato il suo Divin Figlio da Betlemme al Calvario, come prezzo da pagare per la salvezza degli uomini.
I MARTIRI DI NICOMEDIA
È per questo che ogni cristiano deve essere pronto a dare la vita per Nostro Signore, come fecero quei cristiani di Nicomedia che il giorno di Natale dell'anno 303, sotto l'Imperatore Diocleziano, subirono il martirio ed ascesero al Cielo, mentre Gesù scendeva sulla terra.
Diocleziano e i suoi colleghi nell'impero avevano appena pubblicato il famoso editto di persecuzione che dichiarava alla Chiesa la più sanguinosa guerra che essa abbia mai subita. L'editto affisso a Nicomedia, residenza dell'imperatore, era stato strappato da un cristiano che pagò tale atto di santa audacia con un glorioso martirio. I fedeli pronti alla lotta osarono sfidare la potenza imperiale, continuando a frequentare la loro chiesa condannata alla demolizione. Si era giunti al giorno di Natale. Essi si raccolsero in numero di parecchie migliaia nel sacro tempio per celebrarvi un'ultima volta la Nascita del Redentore. A quella notizia, Diocleziano inviò uno dei suoi ufficiali con l'ordine di chiudere le porte della chiesa, e di appiccare ai quattro angoli dell'edificio il fuoco che doveva distruggerla. Quando tutto fu disposto, squilli di tromba si udirono sotto le finestre della basilica, e i fedeli intesero la voce del banditore che annunciava, da parte dell'imperatore, che quelli i quali volevano aver salva la vita potevano uscire, a condizione di offrire l'incenso sull'altare di Giove eretto davanti alla porta della chiesa; diversamente, sarebbero stati tutti preda delle fiamme.
Un cristiano rispose a nome della pia assemblea: "Siamo tutti cristiani; onoriamo Cristo come unico Dio e unico Re, e siamo pronti a sacrificargli la nostra vita in questo giorno". A tale risposta i soldati ricevettero l'ordine di appiccare il fuoco. In pochi istanti la chiesa fu un immenso rogo, le cui fiamme salivano verso il cielo, inviando in olocausto al Figlio di Dio, che si era degnato in quel giorno di iniziare una vita umana, l'offerta generosa di quelle migliaia di vite che rendevano testimonianza alla sua venuta in questo mondo.
Dom Guéranger conclude: "Così fu glorificato, nell'anno 303, a Nicomedia, l'Emmanuele disceso dal cielo per abitare fra gli uomini. Uniamo, con la santa Chiesa l'omaggio dei nostri voti a quello di questi coraggiosi cristiani la cui memoria si conserverà, attraverso la sacra Liturgia, sino alla fine dei secoli".
Facciamo nostre le parole di dom Guéranger, aggiungendo alla memoria che ci trasmette un'altra da conservare nel nostro cuore. Erano passati 10 anni esatti dalla terribile persecuzione di Diocleziano, che sembrava dover estirpare il Cristianesimo dalla faccia della terra, quando, nell'anno 313 dopo Cristo, l'Imperatore d'Occidente Costantino da Milano e quello di Oriente Licinio da Nicomedia proclamavano l'Editto che concedeva ai Cristiani la piena libertà di professare la loro religione. Una nuova Civiltà, la Civiltà cristiana nasceva.
Di questa Civiltà siamo eredi e nel giorno di Natale alziamo le sue bandiere, pronti alla lotta.
Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Roberto de Mattei, nell'articolo seguente dal titolo "La nostra preghiera nella notte di San Silvestro" parla si san Silvestro I che fu papa al tempo della conversione di Costantino.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il giugno luglio 2022:
Il 31 dicembre la Chiesa iscrive nella sua liturgia il nome di un santo che non è un martire, ma un Confessore, il primo confessore della Chiesa: san Silvestro I, Papa per 22 anni dal 314 al 336.
Il suo regno iniziò all'indomani della grande vittoria di Costantino a Saxa Rubra e dell'Editto di Milano del 313, con cui il nuovo sovrano, dopo aver pacificato l'Impero, concedeva libertà alla Chiesa. Scrive Louis Veuillot: "La storia dei successori di Pietro, per duecentocinquant'anni, è terminata sempre con le stesse parole: "Coronato dal martirio". Dove si arriva così? A Costantino. San Marcello da poco era morto, schiavo, condannato ad bestias; le acclamazioni del circo avevano da poco salutato Massenzio; la croce appare nel cielo, Costantino la pianta sul Laterano: ab aevo vinces!. Cesare battezzato affida il governo di Roma al Papa Silvestro e ai suoi successori, non ritenendo che l'imperatore della terra debba serbare il potere, là dove l'Imperatore del cielo ha posto il principato del sacerdozio e la capitale della religione"
Ma il pontificato di Silvestro conobbe una tempesta più terribile delle persecuzioni di Diocleziano: la nascita e la diffusione, ad opera del prete Ario, di un'eresia che negava la divinità di Gesù Cristo. Papa Silvestro, d'accordo con l'imperatore Costantino, nella primavera dell'anno 325 convocò un Concilio a Nicea. In questo Concilio, il primo Concilio ecumenico della Chiesa, l'eresia ariana fu condannata e fu formulato il famoso simbolo niceno, che trasmise ai secoli la prima grande formula di fede cattolica i canoni del Concilio. Le sue reliquie riposano nella Chiesa di San Silvestro, detta in Capite, perché conserva anche il capo di san Giovanni Battista.
A Roma, accanto alla Basilica di san Giovanni in Laterano, si conserva un mosaico, detto del Triclinio Leoniano, in cui a sinistra è raffigurato Gesù Cristo che consegna le chiavi pontificie a papa san Silvestro e il vessillo della Chiesa all'imperatore Costantino; a destra san Pietro che conferisce il pallio a papa Leone III e il vessillo a Carlo Magno. Il vessillo di Costantino e di Carlo Magno è quello che sventolò sui campi delle crociate e nelle acque di Lepanto. È la bandiera della Chiesa, mai ammainata. [...]
Nella notte di San Silvestro un anno scompare nel vortice del passato e un altro anno si apre in un abisso di incertezza. Ma per noi quello che conta è solo il tempo presente, l'unico momento in cui incontriamo l'eternità. E in questo momento, chiediamo a Dio che sia fatta, ora e sempre, in noi la Sua volontà.
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