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Il Punto della Settimana
Il Punto della Settimana
Più concretezze e meno sogni a Bruxelles | Il Punto della Settimana
23 JUN 2024 · A cura di Ferruccio Bovio Come è noto, la presidenza uscente della Commissione europea, prima di dirci addio (anche se, forse, sarà un arrivederci) ha affidato a Mario Draghi l’incarico di elaborare una strategia volta al recupero della competitività dell’economia comunitaria sugli scenari globali. E da alcune premesse che l’ex governatore della BCE ha lasciato filtrare in tempi recenti, possiamo ipotizzare che il farmaco sul quale si baserà la sua terapia sarà, essenzialmente, quello che si prepara utilizzando una molecola chiamata “crescita”. Può sembrare ovvio e banale il pensare che, per progredire e per realizzare anche i suoi progetti più ambiziosi (come la decarbonizzazione o il mantenimento di elevati standard di welfare), un Continente abbia soprattutto bisogno di crescere economicamente... purtroppo però – almeno negli ultimi anni – le istituzioni europee hanno, frequentemente, dato l’impressione di non riuscire più a comprendere questa cosa in maniera adeguata. Da un lato, infatti, le politiche dell’Unione sono state, spesso e volentieri, troppo condizionate dall’ossessivo richiamo all’ austerità finanziaria ed agli inflessibili equilibri di bilancio imposti dai cosiddetti “Paesi frugali”, mentre dall’altro, a far loro smarrire la strada del pragmatismo e del buon senso, ha disastrosamente contribuito l’affermarsi – a livello sia politico, che tecnocratico - di un estremismo ambientalista, per il quale ogni ragionevole richiamo alle normali esigenze di crescita industriale sembrava assumere i connotati di un’autentica bestemmia. Intendiamo dire che, almeno nell’ultimo quinquennio, associare le attività industriali all’inquinamento o alla distruzione della natura sembrava essere divenuto l’argomento più scontato ed incontestabile d’Europa...Al punto che qualche cervello particolarmente acuto si è spinto fino ad auspicare, per il nostro futuro, una sorta di “decrescita felice”... Di conseguenza, considerato il contesto tutt’altro che agevole in cui dovrà muoversi la prossima Commissione UE, ci pare opportuno che essa ricominci, finalmente, a guardare alla crescita economica ed industriale come ad un fenomeno oggettivo, indispensabile e privo di colorazioni politiche, trattandosi, in realtà, dell’unico strumento efficace di cui possiamo, eventualmente, disporre per contrastare una decadenza europea che è in fase già ben avanzata e che, se lasciata indisturbata, ad altro non porterà se non a disoccupazione e miseria. Smettiamo, quindi – e lo chiediamo soprattutto ad una Sinistra che pare infischiarsene beatamente di quello che sta capitando alle imprese e di riflesso ai lavoratori – di inseguire certi sogni (per ora irrealizzabili) tipici del green deal, per concentrarci, invece, sulla prova di sopravvivenza che il Vecchio Continente è oggi chiamato ad affrontare se non vuole rimanere del tutto soffocato dal gap industriale che, dall’inizio del nuovo Millennio, ha colpevolmente accumulato nei confronti di Cina e Stati Uniti. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Franz Kafka sotto la Lanterna? | Il Punto della Settimana
16 JUN 2024 · È, dunque, stata respinta l’istanza di revoca degli arresti domiciliari avanzata da parte del legale di Giovanni Toti. Nell’ordinanza con la quale il gip del capoluogo ligure, Paola Faggioni, boccia la richiesta depositata dall’avvocato Srefano Savi il 10 giugno scorso, si argomenta, infatti, che “è evidente, anche alla luce dei recenti sviluppi investigativi, la permanenza del pericolo che ‘indagato possa reiterare analoghe condotte - peraltro ritenute pienamente legittime e corrette dal predetto - in vista delle prossime competizioni elettorali regionali del 2025 “. Inoltre, aggiunge la dottoressa Faggioni, lo stesso Toti “continua tuttora a rivestire le medesime funzioni e le cariche pubblicistiche, con conseguente possibilità che le stesse vengano nuovamente messe al servizio di interessi privati in cambio di finanziamenti”. In sostanza, il giudice per le indagini preliminari condivide – scusate il gioco di parole – “in toto” le posizioni già espresse dalla Procura di Genova, secondo cui la revoca dei domiciliari consentirebbe al governatore della Regione di riprendere indisturbato ad inquinare le prove o a ripetere i reati che gli vengono attribuiti, proprio in virtù della funzione pubblica che – cerchiamo di non dimenticarlo – gli deriva dal voto espresso dalla maggioranza dei Liguri. In altre parole, Giovanni Toti, una volta tornato libero, potrebbe riprendere la sua presunta attività delinquenziale proprio governando...Ne consegue che, se il malcapitato uomo politico desidera tornare a “riveder le stelle”, non può fare altro che dimettersi e rinunciare così alla sua carica elettiva. E qui però, ci vengono spontanee un paio di riflessioni, poiché se davvero i magistrati genovesi considerano la rinuncia alla presidenza della Regione Liguria come la condizione sine qua non per sanare una situazione che impone il ricorso alle misure cautelari, allora vuol dire che per loro le scelte dei cittadini che votano contano veramente poco...Anche perché – e, per favore, non dimentichiamolo – stiamo ancora parlando di “ipotesi di reati” e non di reati effettivamente accertati, dal momento che, in circa quattro anni di indagini, non è ancora stata rinvenuta alcuna “pistola fumante”...Stiamo, quindi, provando la sgradevolissima sensazione di trovarci in presenza di un possibile attacco, nei confronti della politica, da parte di una magistratura che sembra arrogarsi il diritto di determinare gli assetti delle istituzioni pubbliche. Pertanto, Giovanni Toti, se vuole riacquistare la sua libertà, deve necessariamente dire addio alla vita politica...Poi, magari tra dieci anni, uscirà da questa kafkiana vicenda con una bella assoluzione in ogni grado di giudizio, ma intanto, se rimane fermo nei suoi convincimenti e nelle sue posizioni, i domiciliari, per lui, dureranno ancora lungo, almeno fino alle Regionali del 2025...e poi chissà... gli venisse mai in mente di candidarsi alle Politiche del 2027? _______________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Carlo Nordio apprendista stregone? | Il Punto della Settimana
2 JUN 2024 · A cura di Ferruccio Bovio Non è detto che la riforma della giustizia approvata nell’ultimo Consiglio dei Ministri sia destinata a diventare realmente operativa nel prossimo futuro. Il percorso - sia sul piano parlamentare, che, eventualmente, poi su quello referendario - si preannuncia, infatti, già fin da ora, piuttosto lungo e accidentato, viste le reazioni immediate delle associazioni dei magistrati e di alcuni partiti, i quali difficilmente rinunceranno ad alzare le loro barricate contro le innovazioni introdotte dal ministro guardasigilli Carlo Nordio, al fine di modificare sensibilmente il nostro ordinamento giudiziario. Tuttavia, in ogni situazione, se nessuno si decide mai a compiere un passo d’avvio, è chiaro che lo status quo finirà per rimanere tale fino alle calende greche... E a Nordio ed al Governo in generale, va, appunto, dato atto di avere iniziato un percorso, al termine del quale una nuova legge costituzionale sancirà la separazione delle carriere tra i magistrati giudicanti e quelli requirenti. Naturalmente, in questi ultimissimi giorni, siamo stati un po’ tutti bombardati dagli allarmismi e dai disperati S.O.S. di quanti – politici, magistrati e giornalisti – ci hanno chiamati alle armi per difendere l’indipendenza della magistratura e, quindi, in definitiva, anche il fondamento stesso della democrazia in Italia. Per colpa di un ministro che si comporta come un apprendista stregone, il nostro Paese starebbe prendendo una pericolosa deriva autoritaria (o, comunque, caotica), contro la quale chiunque abbia a cuore le sorti della patria deve assolutamente mobilitarsi, manifestando la propria contrarietà. Noi però, ci permettiamo di dissentire da tutta questa ostilità preconcetta nei confronti di una riforma che, in fondo, a ben guardare, non fa altro che avvicinare la nostra macchina giudiziaria a quella di altri Paesi incivili o tirannici come Svezia, Regno Unito, Germania, Stati Uniti, Portogallo o Canada...Paesi nei quali, molto semplicemente, a livello processuale, PM e avvocati giocano a parità di condizioni, poiché la funzione di chi giudica è distinta in modo chiaro da quella di chi, invece, rappresenta l’accusa. Ci congediamo da voi, proponendovi questo breve estratto che abbiamo ripescato da una mozione congressuale di un partito italiano di qualche anno fa: in esso si legge che “il tema della separazione delle carriere appare ineludibile per garantire un giudice terzo e imparziale”. Bene, il congresso era quello del PD e, tra i firmatari del documento, figurava anche Deborah Cerracchiani, oggi responsabile per la giustizia di quel Partito.… __________________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Censura e sopraffazione | Il Punto della Settimana
19 MAY 2024 · A cura di Ferruccio Bovio Sta diventando ormai una cosa normale – e non solo in Italia – interrompere un evento pubblico per impedire a qualcuno di parlare e di esprimere liberamente le proprie opinioni. Probabilmente il caso più eclatante è stato quello che si è verificato, nei giorni scorsi, in occasione degli Stati Generali della Natalità, quando alla ministra Eugenia Roccella gli schiamazzi di un gruppo di contestazione hanno, sostanzialmente, negato il diritto di parola, infischiandosene beatamente del fatto che quest’ultimo sia assolutamente garantito proprio da quella Costituzione della quale chi, in quella circostanza, ha alzato così la voce, pretenderebbe di essere un alfiere. Al di fuori dell’area politica cui appartiene la Roccella, non ci pare di aver ascoltato voci che avessero il coraggio e l’onestà intellettuale di riconoscere che l’increscioso episodio aveva preso chiaramente i connotati di quello che solitamente si definisce un atto di sopraffazione. Anzi, al contrario, abbiamo dovuto apprendere che la colpa di tutto quanto accaduto era della stessa Roccella perché portatrice di istanze assolutamente intollerabili per qualsiasi coscienza democratica. E poi cosa volete che sia argomentare le proprie opinioni sotto un diluvio di insulti e di fischi...basta alzare il volume del microfono e tutto si risolve….Inoltre, la ministra non ha subito alcuna censura, dal momento che la censura viene sempre applicata da chi ha il potere verso chi non ne ha. E su questo ultimo punto, ci pare che le obiezioni degli “anti Roccella” siano tecnicamente corrette, anche se ci viene da pensare che qualora, a parti invertite, la titolare del dicastero per la Famiglia fosse stata di Sinistra, la maggior parte dei giornali e dei talk show avrebbero automaticamente parlato di “squadrismo”...Proviamo ad immaginare, tanto per fare un esempio, cosa ci toccherebbe leggere se un comizio di Elly Schlein venisse turbato dalla presenza di militanti leghisti intenzionati a coprire il suono della sua voce con cori ed urla da stadio… In conclusione, ci domandiamo se esistano situazioni nelle quali possa essere politicamente e giuridicamente accettabile la sospensione delle garanzie costituzionali relativamente alla libertà di espressione. Per quanti hanno silenziato la Roccella (o, comunque, hanno giustificato l’accaduto) si direbbe di si: purché, naturalmente, siano sempre loro a stabilire quando sia davvero giusto togliere la parola a chi la pensa diversamente... Noi, invece, continuiamo a credere che esistano diritti che non possono essere messi in discussione, nemmeno in circostanze eccezionali, dal momento che il loro esercizio non limita la libertà e la sicurezza di nessuno. Ed il diritto a non essere sopraffatti da chi pretende di toglierci la parola è, forse, il primo tra quelli che ci ostiniamo a considerare ancora intangibili. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
I costi della politica | Il Punto della Settimana
12 MAY 2024 · A cura di Ferruccio Bovio La vicenda di Giovanni Toti ci induce a fare un paio di considerazioni. La prima è quella che è veramente da ingenui pensare che la politica sia un qualche cosa che potrebbe beatamente vivere d’aria e non richieda, invece, da parte dei partiti o anche dei singoli attivisti, un certo impegno per sostenerne i costi. Anche senza strafare e limitando le esigenze di cassa agli elementi più indispensabili, è chiaro che gli affitti delle sedi, gli spostamenti per le campagne elettorali o la stampa di volantini e manifesti qualcuno dovrà ben pagarli... Ecco perché, in Italia, fino a non troppi anni fa, vigeva ancora il sistema del finanziamento pubblico dei partiti, la cui abolizione - avvenuta sull’onda di un moralismo piuttosto velleitario - non ha certo eliminato il bisogno di fondi che, inevitabilmente, caratterizza ogni struttura che voglia darsi un minimo di operatività. In sostanza, osservando quanto sta capitando oggi in Liguria (ma anche altrove),se fossimo stati tra quelli che, a suo tempo, si accanirono contro l’ assegnazione di fondi statali alle forze politiche più rappresentative, oggi, molto probabilmente, ci sentiremmo in dovere di recitare un sincero “mea culpa”, riconoscendo l’errore commesso in passato. Dubitiamo però, di poter assistere, a breve, a revisioni o a pentimenti in merito a questi problemi: naviga, infatti, in acque molto più tranquille chi si astiene dall’avventurarsi in mari che il qualunquismo giustizialista degli ultimi decenni ha lasciato ancora molto agitati... Tuttavia – e qui veniamo alla seconda considerazione - in mancanza di un finanziamento pubblico della politica, quale alternativa esiste per garantire, comunque, lo svolgimento di una normale vita democratica? Noi, sinceramente, non vediamo altra via d’uscita al di fuori del sostegno finanziario da parte dei privati. Tertium non datur...Già, ma perché mai un privato dovrebbe finanziare un partito o un leader politico in particolare? Forse perché – e non è da escludere a priori – ne condivide ideali e programmi o forse perché, molto più pragmaticamente, si aspetta di poterne trarre dei vantaggi personali. D’altra parte, in America le cose funzionano così e nessun candidato alle presidenziali si sognerebbe mai di occultare l’origine dei mezzi che gli sono stati messi a disposizione per la sua campagna elettorale. In fondo, il conferimento di denaro a favore di un determinato partito, quando avviene alla luce del sole, diventa anche uno strumento utile per facilitare l’orientamento di chi deve esprimere il proprio voto. Se a pagare alberghi, aerei e spot televisivi per un certo candidato sono la Esso e la Shell, l’elettore che sogna un mondo molto più green saprà come meglio regolarsi di conseguenza, indirizzando magari il suo consenso verso chi è sostenuto da altre lobbies meno “inquinanti”... Certo, il sano presupposto di questo meccanismo di natura esclusivamente privatistica, risiede nel fatto che ogni contributo economico venga fornito in base a ben definiti criteri di trasparenza. Altrimenti, diventa inevitabile l’intervento della magistratura: soprattutto se dovessero affiorare casi in cui i “favori” promessi e successivamente dispensati dalla politica risultassero in contrasto con una qualunque disposizione di legge. Fatte salve però queste eventuali eccezioni, non ci pare affatto che possa considerarsi automaticamente illecito ogni finanziamento privato a politici e partiti. A meno che non si voglia cogliere un intento criminoso in ogni contatto che avvenga tra mondo della politica e mondo dell’impresa... ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il Paese delle morti più assurde | Il Punto della Settimana
28 APR 2024 · A cura di Ferruccio Bovio Sembra impossibile, eppure dall’Iran ci è giunta la notizia che il rapper dissidente, Toomaj Salehi, è stato condannato a morte da un tribunale rivoluzionario di Teheran, con l'accusa di avere “diffuso la corruzione sulla Terra”. Il trentatreenne musicista è molto popolare in patria, essendosi più volte distinto, attraverso i testi delle sue canzoni, per le critiche rivolte alle azioni repressive ed alle ingiustizie che caratterizzano il regime degli ayatollah. La sua prima carcerazione era già avvenuta nel 2021, quando Salehi venne prelevato nella sua casa di Isfahan per avere denunciato la maldestra gestione economica di un Paese in cui – a suo dire - i bambini non hanno neanche da mangiare, mentre i politici e gli alti burocrati vivono beatamente tra le loro agiatezze, senza provare alcuno scrupolo di coscienza. Successivamente, il rapper ha subito un nuovo arresto nell’ottobre del 2022, per il suo impegno politico e artistico a favore dei movimenti di protesta che avevano investito tutte le piazze iraniane dopo la morte di Masha Amini, la giovane assassinata dalla polizia morale perché scoperta mentre camminava per strada senza velo o, comunque, indossandolo in maniera non conforme alle regole dell’Islam sciita. Rilasciato dopo aver trascorso 252 giorni in prigione, l’indomito cantore dei diritti umani in una repubblica teocratica vi ha fatto rientro dopo soli dodici giorni, a causa di un video in cui, chiamando in causa agenti e funzionari carcerari, descriveva nei dettagli tutte le torture che gli erano state inflitte durante il periodo di detenzione. E questa volta, purtroppo per lui e per tutti i valori che coraggiosamente rappresenta, la sentenza è stata quella che lo condanna alla pena capitale, mediante impiccagione. A questo punto, non sarebbe male se un collega di Toomaj Salehi – ben più fortunato di lui perché vive in un Paese in cui può tranquillamente andare al Festival di Sanremo a parlare incautamente di “genocidio”, senza dover rendere conto a chicchessia di quello che dice - lanciasse un appello alle autorità iraniane affinché fermino la loro mano assassina. Si, non sarebbe affatto male se il signor Ghali, rapper e produttore discografico italo – tunisino, esprimesse la propria solidarietà umana e politica nei confronti dello sventurato autore iraniano, riconoscendo che un conto è fare composizioni musicali in una democrazia europea ed un altro è provare a farle in un sistema in cui l’ultima parola spetta ancora ad una “Guida Suprema”. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Povero Zelensky | Il Punto della Settimana
21 APR 2024 · A cura di Ferruccio Bovio Riesce difficile non condividere le parole di Volodymyr Zelensky, il quale, riflettendo ad alta voce sul sostanziale flop registrato dall’attacco missilistico iraniano di sabato scorso, ha lamentato la disparità di trattamento che l’Occidente sembra riservare al suo popolo rispetto a quello israeliano. In fondo, i droni e i razzi che stanno mietendo tante vittime tra i civili del suo Paese, sono gli stessi che i sistemi di intercettazione utilizzati dall’esercito di Gerusalemme e dagli anglo – americani (intervenuti a sostegno dello Stato ebraico) hanno neutralizzato con evidente facilità. Si è chiesto, pertanto il presidente ucraino, se, per caso, il valore delle vite umane venga considerato, dalle cancellerie occidentali, in maniera differente tra una situazione e l’altra. Vale, forse, l’esistenza di chi abita a Tel Aviv qualcosa di più rispetto a quella di chi è nato a Kharkiv? Sono mesi che, al di là dello stallo agli aiuti economici e militari imposto in Senato a Washington dai rappresentanti del partito trumpiano, il governo di Kiev invoca la fornitura di batterie Patriot per cercare di difendere almeno le sue città principali, ormai rimaste quasi del tutto prive di copertura antiaerea. D’altra parte, fin dall’inizio del conflitto, le consegne occidentali di sistemi d’arma sofisticati e di munizioni sono avvenuti con estrema cautela , onde evitare di urtare troppo la suscettibilità dei Russi, i quali, sebbene abbiano trovato normale il fatto di superare i confini di una nazione indipendente per occuparla e bombardarla, diventano però estremamente suscettibili quando un’incursione armata ucraina provoca qualche danno nei loro territori... Ecco perché, ad esempio, gli aerei inglesi, francesi e americani si sono levati in cielo per contrastare l’attacco degli ayatollah a Israele, ma si guarderebbero bene dal fare la stessa cosa a protezione del territorio ucraino...Un conto è avere a che fare con la Guida Suprema ed un altro è doversela vedere col nuovo zar del Cremlino...Ecco perché - sia dall’Europa, che dall’America - le forniture militari a Kiev sono sempre arrivate in una misura che consentisse agli Ucraini di reggere, quel tanto che basta, all’urto del nemico, senza però mai permettere loro di attuare una controffensiva in grado di produrre troppi guasti al Paese invasore. Tuttavia, le armi e le munizioni che drammaticamente mancano oggi all’Ucraina non sono quelle che riguarderebbero la sua capacità offensiva, ma piuttosto quelle che servirebbero alla sua stessa sopravvivenza: e cioè, alla difesa delle sue case, dei suoi ospedali o delle sue centrali energetiche. Per cui, ci appare di un imperdonabile (ed ipocrita) cinismo l’atteggiamento che l’Occidente continua a mantenere nei confronti della “causa ucraina”: un atteggiamento eccessivamente condizionato dal timore di non provocare troppo un nemico che, invece, per parte sua, ha già fin troppo ben chiarito quali siano le sue reali intenzioni.
Il piano Stoltenberg | Il Punto della Settimana
7 APR 2024 · A cura di Ferruccio Bovio Il piano da cento miliardi di dollari che il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha presentato ai ministri degli Esteri dei Paesi che costituiscono l’Alleanza Atlantica, comporta un salto di qualità nell’impegno che la NATO stessa aveva, inizialmente, assunto in merito agli aiuti da fornire all’Ucraina. Fino ad oggi, infatti, l’Organizzazione guidata da Stoltemberg non ha mai svolto una funzione diretta nel sostenere Zelensky militarmente, visto che le armi, le munizioni e i supporti di intelligence sono sempre stati messi a disposizione di Kiev dai singoli Stati membri e mai in maniera esplicita dall’Alleanza che, tra l’altro, proprio quest’anno, celebra il suo 75° anniversario dalla fondazione. Questo, essenzialmente per evitare di offrire al Cremlino un assist degno di Gianni Rivera, nell’avvalorare le sue frequenti e pericolosissime accuse di cobelligeranza. Il fatto, invece, di dare vita adesso – come suggerisce il segretario norvegese – ad una nuova struttura che finanzi la causa ucraina (sostituendosi, quindi, ai vari Paesi alleati nel coordinare la distribuzione del materiale bellico), rappresenta, senza dubbio, un qualcosa di molto più audace rispetto ai limiti finora auto imposti e rigorosamente osservati nel delicatissimo conflitto russo – ucraino. In sostanza, il piano Stoltenberg sembra essere il frutto di una accresciuta preoccupazione che induce la NATO a prendere, in tempi rapidi, delle inedite contromisure: se possibile, prima che, malauguratamente, Trump possa rioccupare il posto di Biden alla Casa Bianca e, soprattutto, prima che la situazione sul campo di battaglia - al momento già piuttosto critica - si faccia del tutto compromessa. Tuttavia, cento miliardi di euro di aiuti da suddividersi per i prossimi cinque anni, non è affatto detto che si possano trovare facilmente: specialmente in un’Alleanza in cui – oltre tutto – dei 32 Paesi membri, soltanto Grecia, Gran Bretagna e Stati Uniti rispettano abitualmente quella soglia di investimento minimo in spese militari, che, già dieci anni fa, Barack Obama aveva fissato nella misura del 2% del PIL. E nemmeno sarà agevole raggiungere l’unanimità dei consensi richiesta per concretizzare questa rivoluzionaria svolta operativa che, infatti, prima ancora di essere stata messa in cantiere, ha già riscontrato la sia pur prevedibilissima perplessità ungherese...Ed anche il nostro ministro, Antonio Tajani, con tutta la sua consueta prudenza, ci tiene a sottolineare che la proposta avanzata da Jens Stoltemberg è certamente interessante, ma “va esaminata tecnicamente e giuridicamente”: e, non a caso, aggiunge che l’Italia sarà sempre pronta a difendere, senza alcuna esitazione, il diritto internazionale, anche se un conto è battersi per la libertà e l’indipendenza dell’Ucraina ed un altro è “fare la guerra alla Russia”... Credits Foto: Agenzia Fotogramma
Pregiudizi atavici e dialoghi interrotti | Il Punto della Settimana
24 MAR 2024 · A cura di Ferruccio Bovio Negli ultimi giorni, abbiamo assistito, soprattutto nel mondo della cultura e delle Università italiane, al crescere quasi inarrestabile di un furore anti israeliano che, non potendo ancora (per il momento) cancellare dalla carta geografica lo Stato ebraico, fa, comunque, del suo meglio per cancellare almeno gli accordi di collaborazione reciproca che sono in essere tra le nostre istituzioni universitarie e quelle israeliane. Il caso più recente e clamoroso è stato quello di Torino, dove il Senato Accademico, subendo la pressione (o forse addirittura l’intimidazione) dei soliti collettivi studenteschi terzomondisti, ha votato quasi all’unanimità la sospensione del bando di ricerca in collaborazione con Israele. Eppure, si trattava di questioni inerenti settori agricoli e tecnologici e niente affatto di natura bellica...Tuttavia, non c’è stato nulla da fare, perchè di fronte a quella che, in fondo, è essenzialmente una minoranza minacciosa, i docenti torinesi - volenti o nolenti - hanno abbassato il capo, riconoscendo così dignità politica e culturale a chi è pregiudizialmente portato a vedere tutto il bene nella sola Gaza – governata, fino a ieri, da un gruppo di signori abituati a discutere di politica solamente con il mitra in mano – ed a cogliere, invece, tutto il male in un Paese in cui - nonostante l’indiscutibile punto interrogativo sull’affidabilità democratica di alcuni dei suoi attuali ministri - si tengono pur sempre ancora libere elezioni (cui partecipano inoltre, senza alcuna restrizione, anche partiti arabi). Un Paese in cui si possono professare tutte le religioni e tutte le filosofie del mondo senza mettere in gioco la propria vita ed in cui, alla faccia di tante ingiustificate accuse di apartheid, cittadini israeliani palestinesi e musulmani raggiungono, tranquillamente, i vertici delle più importanti istituzioni nazionali come, ad esempio, la magistratura e, appunto, l’università. Nelle nostre aule universitarie si respira, dunque, un’aria di censura aprioristica nei riguardi di tutto ciò che proviene da Israele e dalla sua cultura. Cultura che, tra l’altro, si compone anche di voci che sono spesso in assoluto contrasto proprio con le politiche portate avanti dal governo Netanyahu... Non esiste, quindi, a nostro parere, un motivo politico veramente valido, che impedisca alle università italiane di rimanere aperte al dialogo con le realtà accademiche di una Nazione che, oltre tutto, in determinati campi ha pure raggiunto livelli di assoluta eccellenza. Perchè, dunque, interrompere scambi di esperienze in settori in cui, specialmente sul piano tecnologico ed industriale, l’Italia avrebbe tutto da guadagnare? Forse perché Israele, secondo certi fini politologi nostrani, sarebbe uno stato canaglia da lasciar cuocere nell’isolamento più totale? Certo, è difficile spiegare, se non ricorrendo alle ataviche (ma tuttora ben vitali) pulsioni antisemite che albergano in larghi strati delle nostre società europee, il motivo per cui si cancellino, senza indugio, le collaborazioni con le istituzioni israeliane, ma ci si guardi bene dal mettere in discussione quelle che magari sono in vigore con gli atenei di Paesi in cui una ragazza può morire soltanto perché non indossa correttamente il velo... Ma forse, a ben riflettere, siamo noi ad essere condizionati da pregiudizi che ci impediscono di vedere le cose con lucida obbiettività: se è vero come è vero che, tanto per fare un esempio, è la Repubblica islamica dell’Iran a presiedere la presidenza del Forum Sociale del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite... ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Se il Governo smentisce i facili profeti di sventura | Il Punto della Settimana
17 MAR 2024 · A cura di Ferruccio Bovio Se c’è una cosa che, in questa prima fase del governo Meloni, ci ha sorpresi favorevolmente, è il posizionarsi su livelli davvero imprevedibili del tanto temuto spread che, proprio nella settimana che ci siamo appena lasciati alle spalle, ha fatto segnare un dato un più che rassicurante, attestandosi a 1,16 punti percentuali. Francamente, nell’autunno del 2022, eravamo più che convinti del fatto che – tra politiche di finanza allegra (da alcuni fatte balenare in campagna elettorale) e speculazioni internazionali prevenute nei confronti del neonato esecutivo di Destra – la stabilità finanziaria del nostro Paese sarebbe stata destinata a vivere momenti di alta tensione. Invece, le cose sono andate (e sembrano tuttora andare) in modo piuttosto soddisfacente, se è vero come è vero che persino l’autorevolissimo Financial Times si è scomodato per tracciare un parallelo tra la nostra economia e quella tedesca che, almeno per il momento, risulta premiare quella del Bel Paese. E non a caso, lo spread tra il costo di un prestito decennale tra le due maggiori economia manifatturiere del Continente si è ultimamente collocato sulla soglia minima più bassa degli ultimi due anni. Pertanto, lo stesso ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, non ha mancato di evidenziare come, fino a poco tempo fa, ben pochi avrebbero potuto immaginare una tendenza così funzionale alla riduzione del deficit di bilancio. E’ presumibile, inoltre, che certi numeri non debbano mettere granchè di buon umore quegli avversari politici di Giorgia Meloni che, con una certa supponenza, avevano pronosticato per il suo governo una deriva di spese dissennate e di contrasti con l’Unione Europea. Invece, bisogna dare atto alla nostra premier di aver saputo finora gestire con oculatezza sia i conti del Paese, che i rapporti con quella che, inizialmente, era la diffidente burocrazia di Bruxelles: e non a caso, la Banca d’Italia prevede, per il 2024, una crescita del nostro PIL dello 0,6%, che non sarà certo entusiasmante, ma che è pur sempre superiore, ad esempio, a quella della Germania che oggi è stimata nella misura dello 0,4%. Al momento, i titoli del nostro debito pubblico godono, quindi, di una certa fiducia da parte degli investitori (anche esteri), che evidentemente li percepiscono come l’espressione di un’economia solida e affidabile: basti pensare che una recente emissione sui mercati internazionali di BTP da 10 miliardi di euro ha ricevuto richieste addirittura per 155 miliardi. E si tratta, indubbiamente, di un risultato eccellente e, solo pochi mesi fa, ancora del tutto impensabile. Un risultato ottenuto, tra l’altro, in uno scenario economico globale che, di questi tempi, non lascia certamente spazio a facili e stimolanti ottimismi. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
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