14 MAR 2019 · Nel 1978 l’Italia parla tanto di Rino Gaetano, un cantautore irriverente che arriva da Crotone e che non si può filtrare attraverso nessuna etichetta. Non è schierato politicamente e soprattutto non le manda a dire: le sue canzoni, fino a quel momento, sono un miscuglio di insolenza e di impegno civile, filastrocche complesse per affrontare la realtà con grinta.
Nel 1978 Rino Gaetano viene convocato da Vittorio Salvetti, inventore del Festivalbar e patron di cinque edizioni del Festival di Sanremo, per esibirsi in gara. Rino non impazzisce all’idea di violare un tempio così sacro, ma a quella chiamata arriva preparato: nella canzone che dà il titolo al suo nuovo album, Nuntereggae più, Rino Gaetano fa esplodere un furore tutto nuovo, puntando il dito alle contraddizioni tutte italiane, alla parcellizzazione dei partiti politici, alla corruzione imperante.
La RCA, la casa discografica dell’artista, lo costringe però a portare in gara Gianna, un testo più in linea con le prime esperienze artistiche di Rino. A Rino quella canzone non piace: gli ricorda il suo vecchio successo Berta Filava, la trova incapace di incidere sul “reale”. Per tirarsi indietro, però, è troppo tardi. Non può cantare la canzone che vuole lui? Bene. Non gli impediranno, perlomeno, di fare ciò che gli riesce meglio: sconvolgere gli equilibri. Spiazzare. Ed eccolo lì, sulla scena, in frac, cilindro, scarpe da tennis e ukulele in mano. A dimostrare che in fondo, anche senza la canzone giusta, si può comunque diventare un’icona.