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Punti, Spunti e Appunti Strategici . . . quando la mente è tratta in inganno solo l'inganno salva la mente ovvero come avvicinarsi alle alternative di cambiamento funzionali al benessere...
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Punti, Spunti e Appunti Strategici . . . quando la mente è tratta in inganno solo l'inganno salva la mente
ovvero
come avvicinarsi alle alternative di cambiamento funzionali al benessere e alla vita
Questo progetto vuol essere un tentativo di riordinare idee, appunti e tracce scritte, studiate e meditate durante il mio percorso di Counsel-Coaching Strategico presso la scuola di Nardone Group.
Una specie di quaderno virtuale, riordinato attraverso la voce, in cui esprimo ed offro una serie di Punti di osservazione, di Spunti di riflessione e di Appunti di studio e pensiero con il quale parlare della ricerca di benessere nella vita quotidiana.
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ovvero
come avvicinarsi alle alternative di cambiamento funzionali al benessere e alla vita
Questo progetto vuol essere un tentativo di riordinare idee, appunti e tracce scritte, studiate e meditate durante il mio percorso di Counsel-Coaching Strategico presso la scuola di Nardone Group.
Una specie di quaderno virtuale, riordinato attraverso la voce, in cui esprimo ed offro una serie di Punti di osservazione, di Spunti di riflessione e di Appunti di studio e pensiero con il quale parlare della ricerca di benessere nella vita quotidiana.
2 MAR 2022 · Menti veloci o menti lente: gli stili percettivi-cognitivi è un capitolo all’interno del testo Oltre Sé Stessi, scienza e arte della performance, di Giorgio Nardone e Stefano Bartoli, ed è il punto da cui sono partita, insieme a tutto il gruppo con il quale faccio formazione per diventare consulente professionista strategica all’interno del corso di Counsel-Coaching di Nardone Group ed ideato dalla nostra docente Maria Cristina Nardone.
L’attività all’interno di questo percorso rientra in quella conoscenza di sé che ci permette di continuare a° migliorare noi stessi, di superare i nostri limiti, di prendere coscienza delle nostre credenze e dei nostri autoinganni con l’obiettivo di restare pragmatici ossia avere consapevolezza di come noi operiamo nella realtà.
Questa riflessione sul mio sistema percettivo-cognitivo si è quindi espansa in me con tutta e in tutta la sua complessità. Mi sono per questo posta alcune domande, che tutto sommato possono essere utili per tutti:
Sono una persona intuitiva o riflessiva?
Le mie percezioni sono globali o analitiche?
Elaboro poco gli stimoli e le informazioni o li/le analizzo?
Visivamente percepisco la globalità di un’immagine o i suoi dettagli?
Quando parlo e descrivo le cose o le situazioni li esprimo con concetti molto o poco dettagliati?
Manifesto giudizi immediati o rifletto prima di rispondere?
Ho un’attenzione estesa o un’attenzione focalizzata?
E da queste domande si è mosso il mio pensare che ha oscillato dalla mia modalità di apprendimento, alla mia modalità operativa come docente ma, soprattutto, ciò che mi ha illuminata è stato il ripercorrere la mia esperienza fotografica e il rivedere l’agito del mio oggi.
Come modalità di apprendimento sono convinta di basarmi sempre sull’evidenziare le parole-calde di un argomento che poi mi permettono di riordinare ed esprimere concetti, mettendo in evidenza, a mio parere, la caratteristica riflessiva del mio sistema percettivo-cognitivo.
La mia modalità operativa è stata caratterizzata, come docente, dalla non frammentarietà del sapere, ma dalla possibilità di offrire una visione il più ampia possibile della conoscenze che sono mosse in me dal principio di unità della cultura di base. Questo, sulla base delle domande precedentemente poste, mette in evidenza più una caratteristica intuitiva e globale del mio sistema percettivo-cognitivo-reattivo rispetto all’obiettivo che avevo, ovvero che i miei alunni fossero, come affermava Plutarco, fuochi da accendere e si innamorassero del sapere nella sua forma più vasta e trasversale a tutte le conoscenze.
A questo punto il fatto di aver messo sulla bilancia questi due aspetti: uno caratterizzato da mente lenta, l’altro caratterizzato da mente veloce, ha fatto sì che io abbia trovato nelle mie modalità e nel mio stile percettivo-cognitivo, un equilibrio.
Equilibrio ben presto rotto poiché rimesso totalmente in gioco dalla mia esperienza fotografica che mi ha fatto capire altro/oltre.
Ho quindi riguardato, nella mia iper vasta cartella/file tutte le immagini che ho realizzato (rispolverandone tra l’altro alcune che avevo dimenticato!) e ne ho fatta un’attenta lettura considerando i vari progetti che ho realizzato sia relativi all’autoritratto come espressione della poetica del Sé, sia sulla dimensione femminile nei suoi tratti di bellezza, di sofferenza, di comunicazione, di dialogo, di dolore e di gioia, sia nella ricerca paesaggistiche che altro non era se non l’espressione della mia interiorità.
Da questa lettura è emerso che la mia attenzione era assolutamente focalizzata sui dettagli, il che fa pendere la bilancia sul sistema percettivo-cognitivo riflessivo tipico di una mente lenta.
E mente lenta emerge anche dal mio agito di oggi quando cerco e scrivo aforismi da associare a una mia immagine che poi pubblico per Nardone Group sui vari social.
E mente lenta emerge quando, come adesso, come podcaster, mi metto in gioco con l’espressione, per me dettagliata, di situazioni e di concetti.
Nonostante ritenga di essere ancora in divenire sono comunque arrivata ad una conclusione, ovviamente aperta poiché difficilmente riesco a chiudere con qualcosa nella conoscenza, ma direi forse di saper dare la mia risposta alla domanda iniziale posta nel sottotitolo:
Il mio sistema percettivo-cognitivo è caratterizzato da mente lenta, quindi la mia caratteristica è riflessiva. Generalmente però faccio uso anche delle mie qualità intuitive, maggiormente tipiche di una mente veloce, per poter agire nella maniera che mi è più funzionale, lasciandomi andare a ciò che sono, avendone la consapevolezza. Non cerco forzatamente una risposta nell’uno o nell’altro senso (lenta/veloce) ma continuo a imparare nel gestire e non subire i miei limiti e le mie difficoltà.
Quindi continuo ad imparare, come adesso, cose su di me e ne vado fiera poiché, come diceva Gandhi: “un pianeta migliore è un sogno che inizia a realizzarsi quando ognuno di noi decide di migliorare se stesso”.
E tu? A che punto sei?
Buona vita, Paola
11 FEB 2022 · Senza rabbia e senza dolore
Ovvero quando l’offesa si trasforma in opportunità di crescita
Che cosa accade quando qualcuno ferisce la tua debolezza?
Che cosa accade quando il meraviglioso universo che sei e che ti vede danzare sulle nuvole o cantare su una foglia appena staccata dal suo ramo, non viene riconosciuto o rispettato?
Capita che qualche volta il tuo esserci che è fatto di maree e di maremoti, di sorrisi e di pianto, possa non essere accettato, capito, compreso e accolto. E allora vorresti non udire ciò che invece senti.
E ciò che senti e vedi diventa il tuo dolore, la ferita che continua a sanguinare e che risiede là dove, fin da piccolo fin da piccola, si è aperto il taglio sul bisogno di riconoscimento, spesso mortificato, poiché è proprio l’Altro e spesso l’Altro a cui tieni che sia genitore, madre o padre, compagna o compagno di vita, amico o amica, che ti ha messo sotto scacco col suo giudizio, con le parole taglienti come lame.
E proprio quelle parole ti fanno male perché non riconoscono il tuo valore, la tua particolarità, la tua unicità e la tua bellezza.
E’ quindi chiusura quello che senti, è desiderio di dare un taglio al dolore che ti ha provocato, è voglia di scappare, di uscire da quel centro di incomprensione.
Perché ciò che senti pesa e fa male.
E animato da questo sentire vedi in chi ti ha offeso solo la sua arroganza, sprofondi in quel turbamento, ti laceri in quel dubbio e in quella rabbia e ti domandi quanto tutto ciò sia una minaccia al tuo desiderio di felicità.
Proprio in questi momenti sei tanto bravo, sei tanto brava da non farti una domanda: “ Come funziona che non riesco più a vedere l’universo straordinario che è in lui, che è in lei? Riesco solo a giudicare anch’io valutando il suo comportamento da un punto di vista di torto o ragione, di giusto o sbagliato!”
Invece nel tentativo di non rassegnarti, di non riempirti di tristezza, nel tentativo di non chiudere gli occhi in una cecità senza soluzione, rintanato, rintanata in un lamento che ti fa vittima impotente prova a cercare la rugiada che lava la polvere, prova a cercare la goccia che rende immenso l’oceano, il filo d’erba che rende rigoglioso il prato, il seme che genera il suo fiore, la parola che si fa fonte di dialogo, la mano che si fa carezza e le braccia che si fanno unico abbraccio.
La domanda quindi è: “Hai mai provato a cullare questo tuo sentire? Questo tuo dolore? Riesci a vedere in esso dei bagliori, della luce, qualcosa di sano e di bello?”
Ed allora adesso passo a parlare in prima persona e la riflessione che offro è su se stessi ed è questa: quale risonanza innesca in me l’offesa? Quali strumenti ho per trasformarla?
Ho la possibilità di aprirmi al dialogo, posso aprirmi al rispetto dell’Altro diverso da me e agire e agire fino in fondo così fino al rispetto di me stesso, di me stessa.
Posso parlare senza temere, senza temere il conflitto, senza temere il giudizio, senza evitare l’ostacolo, senza perdere la fiducia, senza paura, nel totale essere me stessa, nella totale coerenza con me stessa, con il principio di rimanere sempre fedele a me stesso, a me stessa.
E posso quindi essere capace di trasformare il mio dolore, con lo sforzo di sospendere ogni giudizio verso chi per primo, per prima mi ha offeso, facendo i conti con i miei sospesi non detti, svelando il valore del dialogo, aprirmi al volto dell’altro senza paura di perdermi e, con coraggio, affermare con gioia quanto sia straordinario anche riconoscere in quella ferita suturata da gesti e parole il meraviglioso universo di ogni essere umano.
Appunti strategici:
Quando ti senti offeso provi rabbia o dolore?
Se provi rabbia è verso di te o verso l’Altro?
E’ verso di te quando ti blocchi non riuscendo ad esprimere e comunicare le tue emozioni?
E’ verso l’altro quando liberi in una escalation di comunicazione simmetrica ogni tua personale ragione?
Se è dolore lo provi per te, per il vuoto o la distanza che la ferita dell’offesa apre o per l’Altro che percepisci allontanarsi da te?
Provi dolore nel sentire che l’offesa riapre vecchie ferite?
Da 1 a 10 che valore dai alla rabbia provocata dall’offesa subita?
Da 1 a 10 che valore dai al dolore provocato dall’offesa subita?
Ci sono stati dei momenti in cui sei riuscito/a a non raccogliere l’offesa?
Se non raccogli l’offesa hai mai pensato essa a chi rimane?
Ti piace l’idea di poter trasformare l’offesa in una crescita personale?
8 JAN 2022 · Domande a cui dare una risposta?!
Una sfida paradossale perché solo attraverso la consapevole coscienza di quanto e di come siamo noi stessi causa della nostra infelicità, solo se capaci di cogliere quanto siamo artefici nel crearla con i nostri stessi pensieri, le nostre parole e le nostre azioni e per l’importanza di riuscire a capire quanto noi, io per prima, siamo bravi a mettere in atto “con le migliori intenzioni” quello che realizziamo spesso producendone solo “i peggiori effetti”.
Quindi il mio augurio che con questi esercizi-gioco di apparente illogica utilità possiamo riuscire a cogliere quanto sia quel briciolo di follia a regalarci equilibrio, quanto sia quel raggiunto equilibrio a rendere instabile il nostro punto di vista, che sia il nostro punto di vista come una folata di vento che si muove in uno spazio di relazione senza per questo trovare la sua dimora. Che sia, se c’é, la dimora quel punto nello spazio di relazione di vita con noi stessi, con gli altri e con il mondo in cui, consapevoli di come, artefici della nostra realtà, possiamo potremo?! Essere forse, anzi si, finalmente felici.
Tutte le citazioni sono tratte dal libro di P. Watzlawick, Istruzioni per rendersi infelici, ed. Feltrinelli.
2 JAN 2022 · Quando il senso del pieno si fa senso del vuoto, solo il vuoto di senso salva il senso del pieno.
“Godetevi la vita, e godetevela pienamente.
E più humour riuscite a infondere alla vostra vita, meglio starete.
(Milton H. Erickson)
Quindi:
Preferisci abbandonare i tuoi quando e i tuoi perché o continuare a chiederti quando e perché?
Ti senti di aprirlo questo lucchetto in cui hai chiuso la tua vita o preferisci adagiarti nelle stesse parole, negli stessi pensieri, nelle stesse azioni e buttar via la chiave?
Ok, sei su un binario morto? Nell’esserne consapevole hai già iniziato il tuo percorso di cambiamento!
Resta viva è quindi un incoraggiamento a mettere in moto l’agire e il fare creando proprio quei vuoti di senso che, paradossalmente, possono dare solo senso al pieno di te.
Vorrei iniziare scaldandoci con le parole.
Queste che vi scriverò sono parole di Virginia Wolf “"Qualunque cosa succeda, resta viva. Non morire prima di essere morta davvero. Non perdere te stessa, non perdere la speranza, non perdere la direzione. Resta viva, con tutta te stessa, con ogni cellula del tuo corpo, con ogni fibra della tua pelle. Resta viva, impara, studia, pensa, leggi, costruisci, inventa, crea, parla, scrivi, sogna, progetta. Resta viva, resta viva dentro di te, resta viva anche fuori, riempiti dei colori del mondo, riempiti di pace, riempiti di speranza. Resta viva di gioia. C’è solo una cosa che non devi sprecare della vita, ed è la vita stessa.”
Io vorrei andare avanti e dico che, per non sprecare la tua vita, la mia vita, la nostra vita, dobbiamo continuare a scegliere e non possiamo pensare di non scegliere perché non scegliere è già una scelta.
Noi resteremo vive quando le nostre parole, i nostri pensieri, le nostre azioni si allineeranno nel quotidiano attimo dopo attimo, istante dopo istante.
Restiamo vive nel raggiungere gli obiettivi di ogni giornata e, nonostante la nostra mente possa farci cadere in tante trappole cerchiamo, evitandole, di non cadere in esse.
Non cadiamo nella trappola di evitare, di procrastinare, di rimuginare, di lamentarci, di continuare ad agire solo per dovere senza vedere o trovare in ciò che facciamo il piacere di farlo.
Il piacere di scegliere anche le modalità con cui lo facciamo, con cui agiamo. Questo anche con l’invito di accogliere la bellezza della nostra imperfezione, del nostro non essere perfette e soprattutto nel tentativo di non cavalcare, non solcare quell’onda del dubbio pronta a risucchiarci verso gli abissi più neri.
Quindi restiamo vive
quando siamo di fronte ad un problema, quando non vediamo la luce, quando non vediamo il cambiamento, raccogliamo le nostre forze per andare avanti, per non arrenderci esprimendo proprio il ruggito del leone che abbiamo dentro e, perché no, cavalcando la tigre che è in noi.
Restiamo vive rinnovando ogni giorno la motivazione a partire di nuovo, ripartire ogni volta salutando con gioia ogni nuova alba.
Questo per me significa anche usare la vita e diventa la nostra pratica quotidiana. Quindi usare la vita vuol dire mettere in luce le nostre particolari caratteristiche, percepirla questa vita e fare di tutto per non giudicarla, superarne i limiti. Questo per me è dare senso alla vita. In ognuno di noi c’è la vita, proprio così com’é, per come siamo, quindi l’invito che ci fa Virginia Wolf lo vorrei riprendere dicendo davvero: impara, studia, costruisci, inventa, crea, parla, scrivi, sogna, progetta e soprattutto rimani fedele a te stessa. Rimaniamo fedeli a noi stesse, sempre.
Vorrei terminare con alcune parole di Alessandro Baricco tratte dal libro Oceano Mare: “volevo dire che io la voglio, la vita, farei qualsiasi cosa per poter averla, tutta quella che c’é, tanta da impazzirne, non importa, posso anche impazzire ma la vita, quella, non voglio perdermela, io la voglio davvero, dovesse anche fare un male da morire è vivere che voglio”.
Grazie, buona vita.
25 NOV 2021 · Felicità: nome impreciso e indefinibile?
Parola abusata, sussurrata, urlata, cercata, persa, sfoggiata in bella mostra come fosse in vetrina, nascosta fra le pagine dei libri più amati, qualche volta violentata da abusi di scaltri venditori di risposte, altre volte ripescata nei meandri della memoria, oppure ritrovata nelle più sagge testimonianze di filosofi, letterati, religiosi, poeti e artisti di ogni tempo.
Parola a noi vicina come fosse scritta sulla nostra pelle, come fosse il nostro sassolino portafortuna nella tasca, come fosse l’indicazione del sentiero da percorrere o la luce in fondo al tunnel.
Il nostro obiettivo o la nostra illusione?
La nostra realtà o il sogno di un’idea?
Il nostro pane quotidiano o la rarità di un’esperienza?
Uno stato d’animo momentaneo o un modus vivendi?
Un momento irripetibile o una costante ricerca?
La necessità che mi venga offerta dagli altri o qualcosa che posso trovare solo dentro di me?
Ed ecco che la strada per il raggiungimento della felicità presenta continue deviazioni, cambi di percorso, mutamenti di pensieri, idee, parole, abitudini.
Le Y del costante e continuo divenire.
Come pensare quindi che mantenere lo stesso percorso, come fosse un senso unico, che si dimostri essere non funzionale alla mia vita, possa condurmi verso qualcosa di nuovo e di diverso?
Come non pensarlo come un comportamento che, avendo magari funzionato una o più volte in passato, possa invece alimentare il problema o la ricerca della sua soluzione?
E come non immaginare che tutto ciò possa impattare negativamente sulla mia ricerca di felicità, poiché mossa dal convincimento che “una quantità maggiore di una cosa [e quindi la sua ripetizione] si traduca per forza in migliore qualità”? (P. Watzlavick)
Ovviamente, “per rendersi conto che una strada è sbagliata bisogna percorrerla” (P. Wazlawick) e noi la percorriamo in cerca di realizzazione, di certezze, di garanzie e spesso, cercatori di felicità, percorriamo strade ignari di ciò che vogliamo cercare o, forse, riuscendo a capire solo dopo ogni azioni se è “quello ciò che stavamo cercando”.
Nella nostra ricerca di senso e di significato sulla strada scelta, sulla sua direzione e sulle sue deviazioni ci rendiamo conto che non è quello che stavamo cercando, pur mantenendo sempre la speranza che si traduce in obiettivi da raggiungere o problemi da risolvere.
Mi domando quindi: ma funziona che io, ogni volta, cerchi una risposta o un nome a qualcosa che raggiungo o meno? O qualche volta funziona che io smetta di cercare una soluzione, una risposta, un fermopoint in cui arrivare e da cui ripartire?
17 NOV 2021 · ° quando parliamo della realtà siamo consapevoli che si tratti di realtà?
° la realtà che viviamo come "reale" esiste o è l'immagine del mondo che mi sono rappresentato?
° e ciò che mi sono rappresentato come immagine è immodificabile o soggetta alle variabili ambientali e agli stimoli percettivi?
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Author | Paola Camiciottoli |
Organization | Paola Camiciottoli |
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