Laura Calosso "La stoffa delle donne"

Mar 12, 2017 · 21m 8s
Laura Calosso "La stoffa delle donne"
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Laura Calosso "La stoffa delle donne" SEM Società Editrice Milanese Succede a tutti, prima o poi, di pensare: basta, ora mollo tutto e me ne vado. Capita di arrivare ad...

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Laura Calosso
"La stoffa delle donne"
SEM Società Editrice Milanese

Succede a tutti, prima o poi, di pensare: basta, ora mollo tutto e me ne vado. Capita di arrivare ad un soffio dal punto di svolta, a un centimetro dalla libertà e dal sollievo, ma poi si torna indietro e si lasciano stare i propositi di cambiamento.
Anche a Teresa Guerrini, la protagonista di questo intenso romanzo di Laura Calosso è successo, una sera al rientro dall'ufficio, quando tra le mail trova una fattura telefonica 'fuori scala': i suoi figli hanno esagerato con i download da Internet in un soffio hanno speso l'ammontare del suo stipendio mensile. È la goccia di troppo, l'ultima in un bicchiere già colmo. Teresa questa volta non torna indietro e parte. I pochi giorni che trascorrerà in Olanda, alle prese con situazioni al contempo normali e straordinarie, le serviranno per rimettere 'in asse' il proprio destino.

Laura Calosso (Asti, 1966) ha esordito nel 2011 con il romanzo "A ogni costo, l'amore" (Mondadori).






Una sera come tante
di Giovanni Giudici

Una sera come tante, e nuovamente
noi qui, chissà per quanto ancora, al nostro
settimo piano, dopo i soliti urli
i bambini si sono addormentati,
e dorme anche il cucciolo i cui escrementi
un’altra volta nello studio abbiamo trovati.
Lo batti col giornale, i suoi guaiti commenti.

Una sera come tante, e i miei proponimenti
intatti, in apparenza, come anni
or sono, anzi più chiari, più concreti:
scrivere versi cristiani in cui si mostri
che mi distrusse ragazzo l’educazione dei preti;
due ore almeno ogni giorno per me;
basta con la bontà, qualche volta mentire.

Una sera come tante (quante ne resta a morire
di sere come questa?) e non tentato da nulla,
dico dal sonno, dalla voglia di bere,
o dall’angoscia futile che mi prendeva alle spalle,
né dalle mie impiegatizie frustrazioni:
mi ridomando, vorrei sapere,
se un giorno sarò meno stanco, se illusioni

siano le antiche speranze della salvezza;
o se nel mio corpo vile io soffra naturalmente
la sorte di ogni altro, non volgare
letteratura ma vita che si piega nel suo vertice,
senza né più virtù né giovinezza.
Potremmo avere domani una vita più semplice?
Ha un fine il nostro subire il presente?

Ma che si viva o si muoia è indifferente,
se private persone senza storia
siamo, lettori di giornali, spettatori
televisivi, utenti di servizi:
dovremmo essere in molti, sbagliare in molti,
in compagnia di molti sommare i nostri vizi,
non questa grigia innocenza che inermi ci tiene

qui, dove il male è facile e inarrivabile il bene.
È nostalgia di un futuro che mi estenua,
ma poi d’un sorriso si appaga o di un come-se-fosse!
Da quanti anni non vedo un fiume in piena?
Da quanto in questa viltà ci assicura
la nostra disciplina senza percosse?
Da quanto ha nome bontà la paura?

Una sera come tante, ed è la mia vecchia impostura
che dice: domani, domani… pur sapendo
che il nostro domani era già ieri da sempre.
La verità chiedeva assai più semplici tempre.
Ride il tranquillo despota che lo sa:
mi numera fra i suoi lungo la strada che scendo.
C’è più onore in tradire che in essere fedeli a metà.




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