Grottaglie, storia e territorio abolizione della feudalita rivolte e cambiamenti
Nov 7, 2023 ·
11m 11s
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Grottaglie, storia e territorio: l’abolizione della feudalità, rivolte e cambiamenti Come abbiamo anticipato nell’episodio dedicato alla storia della famiglia Cicinelli, l’800 si apre con l’abolizione della feudalità. Un modello sociale...
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Grottaglie, storia e territorio: l’abolizione della feudalità, rivolte e cambiamenti Come abbiamo anticipato nell’episodio dedicato alla storia della famiglia Cicinelli, l’800 si apre con l’abolizione della feudalità.
Un modello sociale durato secoli, che aveva pervaso ogni aspetto della vita sociale, politica ed economica, viene cancellato quasi istantaneamente causando, come è facile immaginare, un vero e proprio choc, tanto negli strati più ricchi che in quelli più umili della popolazione e – purtroppo – diventando a volte un comodo pretesto per alimentare violenze, ruberie e ulteriori ingiustizie. Le leggi che abolirono la feudalità vennero attuate tra il 1806 e il 1808, per iniziativa di Giuseppe Bonaparte, re di Napoli e fratello di Napoleone. Fu lui ad abolire la feudalità nel Regno di Napoli durante il cosiddetto Decennio francese.
La legge n. 130 del 2 agosto 1806, al primo articolo recitava: “La feudalità con tutte le sue attribuzioni resta abolita. Tutte le giurisdizioni sinora baronali, ed i proventi qualunque che vi siano stati annessi, sono reintegrati alla sovranità, dalla quale saranno inseparabili” e già da queste righe possiamo cogliere l’emergere di un primo problema.
Se infatti, questo provvedimento poteva rispondere ad una effettiva esigenza di rinnovamento delle antiche strutture sociopolitiche, dall’altra parte si poneva il problema della ricognizione dei beni demaniali, molti dei quali erano stati usurpati nel corso dei secoli o vedevano un conflitto di attribuzione plurisecolare, come accadeva nel dissidio tra la mensa arcivescovile di Taranto ed i baroni di Grottaglie. Bisognava inoltre considerare che sui beni feudali coesistevano anche gli antichi e consolidati diritti delle popolazioni locali, come nel caso – sempre per citare un esempio a noi vicino – dello sfruttamento della foresta tra Grottaglie e Martina Franca.
Ci fu quindi il riconoscimento degli usi civici in base al principio “ubi feuda, ibi demania”, che si affermò soprattutto nel XVIII secolo nel regno di Napoli, dove diversi giuristi operarono per valorizzare e tutelare i diritti delle popolazioni sui feudi, attraverso la costruzione giurisprudenziale dell'uso civico, in modo da controbilanciare la preponderanza (e, spesso, la prepotenza) della classe baronale. La proprietà feudale, infatti, non era una proprietà piena, perché coesisteva con antichi diritti delle popolazioni locali: i più diffusi erano il pascolo e il legnatico, che coprivano le esigenze elementari della popolazione rurale, soprattutto delle classi più umili, che spesso avevano in questi diritti uno dei pochi – se non gli unici – nodi per assicurarsi una dignitosa sopravvivenza.
Come in tutte le vicende umane, si giunse infine se non ad una pace definitiva, almeno ad una tregua tra le parti e la vita continuò a scorrere più o meno tranquilla. Monsignor Capecelatro nel 1781 concesse ai Cicinelli – Caracciolo in fitto perpetuo il territorio della foresta, cedendo anche tutti i diritti feudali e si arriva così al 1785, quando la duchessa Giulia Cicinelli-Caracciolo, per le sue precarie condizioni di salute, cede patrimonio e titoli al suo figlio primogenito Giovanni Andrea, che già era amministratore di fatto dei beni di famiglia. Si tratta di un momento cruciale nella storia non solo di Grottaglie ma di tutta Italia, ed è quindi opportuno dedicargli il giusto spazio in un prossimo articolo di approfondimento.
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Un modello sociale durato secoli, che aveva pervaso ogni aspetto della vita sociale, politica ed economica, viene cancellato quasi istantaneamente causando, come è facile immaginare, un vero e proprio choc, tanto negli strati più ricchi che in quelli più umili della popolazione e – purtroppo – diventando a volte un comodo pretesto per alimentare violenze, ruberie e ulteriori ingiustizie. Le leggi che abolirono la feudalità vennero attuate tra il 1806 e il 1808, per iniziativa di Giuseppe Bonaparte, re di Napoli e fratello di Napoleone. Fu lui ad abolire la feudalità nel Regno di Napoli durante il cosiddetto Decennio francese.
La legge n. 130 del 2 agosto 1806, al primo articolo recitava: “La feudalità con tutte le sue attribuzioni resta abolita. Tutte le giurisdizioni sinora baronali, ed i proventi qualunque che vi siano stati annessi, sono reintegrati alla sovranità, dalla quale saranno inseparabili” e già da queste righe possiamo cogliere l’emergere di un primo problema.
Se infatti, questo provvedimento poteva rispondere ad una effettiva esigenza di rinnovamento delle antiche strutture sociopolitiche, dall’altra parte si poneva il problema della ricognizione dei beni demaniali, molti dei quali erano stati usurpati nel corso dei secoli o vedevano un conflitto di attribuzione plurisecolare, come accadeva nel dissidio tra la mensa arcivescovile di Taranto ed i baroni di Grottaglie. Bisognava inoltre considerare che sui beni feudali coesistevano anche gli antichi e consolidati diritti delle popolazioni locali, come nel caso – sempre per citare un esempio a noi vicino – dello sfruttamento della foresta tra Grottaglie e Martina Franca.
Ci fu quindi il riconoscimento degli usi civici in base al principio “ubi feuda, ibi demania”, che si affermò soprattutto nel XVIII secolo nel regno di Napoli, dove diversi giuristi operarono per valorizzare e tutelare i diritti delle popolazioni sui feudi, attraverso la costruzione giurisprudenziale dell'uso civico, in modo da controbilanciare la preponderanza (e, spesso, la prepotenza) della classe baronale. La proprietà feudale, infatti, non era una proprietà piena, perché coesisteva con antichi diritti delle popolazioni locali: i più diffusi erano il pascolo e il legnatico, che coprivano le esigenze elementari della popolazione rurale, soprattutto delle classi più umili, che spesso avevano in questi diritti uno dei pochi – se non gli unici – nodi per assicurarsi una dignitosa sopravvivenza.
Come in tutte le vicende umane, si giunse infine se non ad una pace definitiva, almeno ad una tregua tra le parti e la vita continuò a scorrere più o meno tranquilla. Monsignor Capecelatro nel 1781 concesse ai Cicinelli – Caracciolo in fitto perpetuo il territorio della foresta, cedendo anche tutti i diritti feudali e si arriva così al 1785, quando la duchessa Giulia Cicinelli-Caracciolo, per le sue precarie condizioni di salute, cede patrimonio e titoli al suo figlio primogenito Giovanni Andrea, che già era amministratore di fatto dei beni di famiglia. Si tratta di un momento cruciale nella storia non solo di Grottaglie ma di tutta Italia, ed è quindi opportuno dedicargli il giusto spazio in un prossimo articolo di approfondimento.
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Author | Gir |
Organization | Felice Bonfrate |
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