Explicit
America, paese delle opportunità? No, paese di poveri e di alcuni straricchi.
Feb 14, 2018 ·
20m 38s
Download and listen anywhere
Download your favorite episodes and enjoy them, wherever you are! Sign up or log in now to access offline listening.
Description
Da Micromega - di Pierfranco Pellizzetti. Ascolta l'intero articolo in mp3 da voceviva.it: http://www.voceviva.it/page13_2018.html (per un ascolto con audio veloce Ctrl+Alt+G su Windows Media Player) Comprare qualcosa. Le cronache riferiscono...
show more
Da Micromega - di Pierfranco Pellizzetti.
Ascolta l'intero articolo in mp3 da voceviva.it:
http://www.voceviva.it/page13_2018.html
(per un ascolto con audio veloce Ctrl+Alt+G su Windows Media Player)
Comprare qualcosa.
Le cronache riferiscono che qualche giorno dopo la tragedia dell’11 settembre e il crollo delle Torri Gemelle newyorchesi, mamma Barbara Bush chiamò al telefono il presidente degli Stati Uniti, suo figlio George jr., chiedendogli come si potesse contribuire alla reazione patriottica post-attentato e quello le rispose di “compiere il gesto americano per eccellenza: andare in un negozio e comprare qualcosa”. Storiella che contiene, al tempo stesso, tanto un po’ di vero come di falso. Una verità di superficie, smentita dell’effettiva natura profonda di quello stato continentale nato dall’insurrezione delle Tredici Colonie nel fatidico 16 dicembre 1773 e che chiamiamo “rivoluzione americana”. Scoppiata per
una questione di tasse.
In effetti, come ha dettagliatamente illustrato Victoria De Grazia, storica della Columbia University, già agli inizi del Novecento la democrazia degli affari americana aveva teorizzato con il presidente Woodrow Wilson la creazione di un grande emporio mondiale guidato dagli States, che sostituisse con lo scambio delle merci la bellicosità imperiale degli europei: «gli Stati Uniti si consacravano come il primo regime al mondo basato sui consumi di massa».
Un’invenzione, a conferma che il popolo e i suoi orientamenti sono una costruzione sociale; non un dato immutabile, per così dire, “spontaneo”.
Difatti, nel caso americano, siamo in presenza di una sapiente operazione manipolatoria a misura delle esigenze insite nella nascente produzione di massa. Ce lo raccontava anni fa Jeremy Rifkin: «convertire gli americani dalla psicologia della sobrietà a quella della spesa si rivelò un compito assai difficile. L’etica protestante del lavoro, che dominava lo spirito della frontiera americana, aveva radici molto profonde. La parsimonia e il risparmio erano le chiavi di volta dello stile di vita americano, elementi fondamentali della tradizione yankee che aveva avuto una funzione di guida per intere generazioni e costituiva un punto di riferimento per milioni di emigranti che speravano in un futuro migliore. Per la maggioranza degli americani, la virtù del sacrificio di se stessi continuava ad avere il sopravvento sul richiamo dell’immediata gratificazione». Sicché la comunità degli affari si diede il compito di cambiare radicalmente la psicologia che aveva costruito la nazione, con l’obiettivo di
trasformarne la popolazione da investitori nel futuro in consumatori nel presente. E lo strumentario per realizzare l’operazione fu molteplice quanto ingegnoso: dall’invenzione del marketing alle vendite rateali. Ma ci volle quasi un secolo per raggiungere definitivamente l’obbiettivo atteso: la tossicodipendenza consumistica collettiva di vivere al di sopra dei propri mezzi, grazie a quella bolla drogata di denaro in prestito che esploderà periodicamente; come si è visto per l’ennesima volta nell’ultima grande recessione, datata 2008-2011. Nel frattempo le distanze sociali si allungavano, nel corso di quella che Thomas Piketty definisce «la rivoluzione conservatrice anglosassone degli anni
settanta-ottanta».
Il peccato originale stelle-e-strisce...
Ascolta l'intero articolo in mp3 da voceviva.it:
http://www.voceviva.it/page13_2018.html
(per un ascolto con audio veloce Ctrl+Alt+G su Windows Media Player)
show less
Ascolta l'intero articolo in mp3 da voceviva.it:
http://www.voceviva.it/page13_2018.html
(per un ascolto con audio veloce Ctrl+Alt+G su Windows Media Player)
Comprare qualcosa.
Le cronache riferiscono che qualche giorno dopo la tragedia dell’11 settembre e il crollo delle Torri Gemelle newyorchesi, mamma Barbara Bush chiamò al telefono il presidente degli Stati Uniti, suo figlio George jr., chiedendogli come si potesse contribuire alla reazione patriottica post-attentato e quello le rispose di “compiere il gesto americano per eccellenza: andare in un negozio e comprare qualcosa”. Storiella che contiene, al tempo stesso, tanto un po’ di vero come di falso. Una verità di superficie, smentita dell’effettiva natura profonda di quello stato continentale nato dall’insurrezione delle Tredici Colonie nel fatidico 16 dicembre 1773 e che chiamiamo “rivoluzione americana”. Scoppiata per
una questione di tasse.
In effetti, come ha dettagliatamente illustrato Victoria De Grazia, storica della Columbia University, già agli inizi del Novecento la democrazia degli affari americana aveva teorizzato con il presidente Woodrow Wilson la creazione di un grande emporio mondiale guidato dagli States, che sostituisse con lo scambio delle merci la bellicosità imperiale degli europei: «gli Stati Uniti si consacravano come il primo regime al mondo basato sui consumi di massa».
Un’invenzione, a conferma che il popolo e i suoi orientamenti sono una costruzione sociale; non un dato immutabile, per così dire, “spontaneo”.
Difatti, nel caso americano, siamo in presenza di una sapiente operazione manipolatoria a misura delle esigenze insite nella nascente produzione di massa. Ce lo raccontava anni fa Jeremy Rifkin: «convertire gli americani dalla psicologia della sobrietà a quella della spesa si rivelò un compito assai difficile. L’etica protestante del lavoro, che dominava lo spirito della frontiera americana, aveva radici molto profonde. La parsimonia e il risparmio erano le chiavi di volta dello stile di vita americano, elementi fondamentali della tradizione yankee che aveva avuto una funzione di guida per intere generazioni e costituiva un punto di riferimento per milioni di emigranti che speravano in un futuro migliore. Per la maggioranza degli americani, la virtù del sacrificio di se stessi continuava ad avere il sopravvento sul richiamo dell’immediata gratificazione». Sicché la comunità degli affari si diede il compito di cambiare radicalmente la psicologia che aveva costruito la nazione, con l’obiettivo di
trasformarne la popolazione da investitori nel futuro in consumatori nel presente. E lo strumentario per realizzare l’operazione fu molteplice quanto ingegnoso: dall’invenzione del marketing alle vendite rateali. Ma ci volle quasi un secolo per raggiungere definitivamente l’obbiettivo atteso: la tossicodipendenza consumistica collettiva di vivere al di sopra dei propri mezzi, grazie a quella bolla drogata di denaro in prestito che esploderà periodicamente; come si è visto per l’ennesima volta nell’ultima grande recessione, datata 2008-2011. Nel frattempo le distanze sociali si allungavano, nel corso di quella che Thomas Piketty definisce «la rivoluzione conservatrice anglosassone degli anni
settanta-ottanta».
Il peccato originale stelle-e-strisce...
Ascolta l'intero articolo in mp3 da voceviva.it:
http://www.voceviva.it/page13_2018.html
(per un ascolto con audio veloce Ctrl+Alt+G su Windows Media Player)
Information
Author | VoceViva: tutte le news in mp3 |
Organization | VoceViva: tutte le news in mp3 |
Website | - |
Tags |
Copyright 2024 - Spreaker Inc. an iHeartMedia Company