8. Libro 1 - Cap 9-10

Apr 24, 2022 · 14m 45s
8. Libro 1 - Cap 9-10
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CAPITOLO 9 Si tratta del modo in cui gli appetiti macchiano l’anima. Lo si prova con paragoni e testimonianze della Sacra Scrittura. 1. Il quarto danno che gli appetiti recano...

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CAPITOLO 9
Si tratta del modo in cui gli appetiti macchiano l’anima. Lo si prova con paragoni e testimonianze della Sacra Scrittura.

1. Il quarto danno che gli appetiti recano all’anima è che la macchiano ed insozzano, secondo quanto insegna l’Ecclesiastico dicendo: Qui tetigerit picem, inquinabitur ab ea; che significa: «Chi tocca la pece se ne insozza» (13, 1); e allora uno tocca la pece quando soddisfa l’appetito della sua volontà in qualche creatura. E qui bisogna osservare che il Saggio paragona le creature alla pece, poiché c’è maggiore differenza tra l’eccellenza dell’anima e tutto il meglio delle creature di quanta non ve ne sia tra un limpido diamante o l’oro fino e la pece. E come l’oro o il diamante, se vi si versasse sopra pece calda, ne resterebbero unti e impiastricciati, per il calore che la riscaldò e liquefece, così l’anima che è calda di appetito verso qualche creatura, dal calore del suo appetito resta immonda e macchiata. E c’è più grande differenza tra l’anima e le altre creature corporee che tra un liquido limpidissimo e un fango sozzissimo. Perciò, come si insozzerebbe un simile liquido se lo si mescolasse con il fango, allo stesso modo si insozza l’anima che s’attacca alla creatura, poiché così diviene simile a tale creatura. E come la fuliggine deturperebbe un volto molto bello e perfetto, allo stesso modo gli appetiti disordinati che dominano l’anima l’imbruttiscono ed insozzano, mentre essa in sé è una bellissima e perfetta immagine di Dio.
2. Perciò Geremia, piangendo la rovina e bruttezza che queste disordinate affezioni causano nell’anima, ne narra prima la bellezza e poi la bruttezza, dicendo: Candidiores sunt Nazaraei eius nive, nitidiores lacte, rubicundiores ebore antiquo, saphiro pulchriores. Denigrata est super carbones facies eorum, et non sunt cogniti in plateis; che significa: «I suoi capelli, cioè dell’anima, sono più candidi della neve, più risplendenti del latte e più vermigli dell’avorio antico e più belli dello zaffiro. La loro faccia si è annerita più del carbone e non sono più conosciuti nelle piazze» (Lam. 4, 7-8). Per i capelli qui intendiamo gli affetti e pensieri dell’anima, che, se ordinati a ciò che Dio comanda, cioè a Dio stesso, sono più bianchi della neve e più bianchi del latte e più rosseggianti dell’avorio e belli più dello zaffiro. Per queste quattro qualità si intende ogni tipo di bellezza ed eccellenza della creatura corporea, a cui sono superiori l’anima e le sue operazioni, rappresentate dai nazareni o capelli, che, se disordinati o posti come Dio non volle, cioè se usati per le creature, dice Geremia, rendono la faccia più nera dei carboni.

3. Questo e ancora più grande è il male che fanno alla bellezza dell’anima gli appetiti disordinati per le cose di questo mondo. Tanto che se volessimo di proposito parlare del brutto e sozzo aspetto che gli appetiti possono far assumere all’anima, non troveremmo cosa alla quale potremmo paragonarla, per quanto fosse piena di ragnatele e schifezze, né bruttezza di corpo morto, né qualsiasi altra cosa immonda e sozza quanto si può vedere e immaginare in questa vita. Infatti, sebbene sia vero che l’anima disordinata resta perfetta come Dio la creò, quanto alla sua natura, invece quanto al suo essere razionale è brutta, abominevole, sozza, oscura e con tutti i mali che qui andiamo descrivendo, e più ancora. Infatti un solo appetito disordinato, come poi diremo, sebbene non sia materia di peccato mortale, è sufficiente a far diventare un’anima tanto schiava, sozza e brutta che in nessun modo può convenire con Dio nell’unione, finché l’appetito non si purifichi. Quale sarà la bruttezza di quella che sia affatto disordinata e soggetta ai propri appetiti nelle sue passioni, e quanto sarà lontana da Dio e dalla sua purezza?

4. Non si può spiegare con parole e nemmeno capire con l’intelletto la varietà di impurità che la varietà degli appetiti causa all’anima. Se infatti si potesse dire e far capire, sarebbe stupefacente ed anche molto miserevole vedere come ogni appetito, secondo la sua maggiore o minore quantità e qualità, lascia nell’anima il suo segno e deposito di impurità e bruttezza, e come un solo disordine della ragione possa contenere in sé innumerevoli specie di maggiori o minori sozzure, ciascuna diversa dall’altra. Poiché, come l’anima del giusto, in una sola perfezione, cioè la rettitudine dell’anima, contiene innumerevoli ricchissimi doni e molte bellissime virtù — ciascuna di diversa specie e bella a seconda della moltitudine e differenza degli affetti d’amore che essa ha avuto verso Dio —, così l’anima disordinata, secondo la verità degli appetiti che ha verso le creature, contiene una miserevole varietà di impurità e bassezze, delle quali la colorano quegli appetiti.

5. Questa varietà di appetiti è ben raffigurata in Ezechiele (8, 10-16), dove si scrive che Dio mostrò a questo profeta all’interno del tempio, dipinti all’intorno sulle pareti, tutti gli schifosi esseri che strisciano sulla terra ed ogni genere di abominazione di animali immondi. E allora Dio disse ad Ezechiele: «Figlio dell’uomo, davvero non hai visto le abominazioni che costoro compiono, ciascuno nel segreto della sua stanza?»; e avendo Dio comandato al profeta di inoltrarsi a vedere più grandi abominazioni, dice d’aver veduto donne sedute a piangere il dio degli amori Adone. E Dio gli comandò di inoltrarsi a vedere abominazioni ancor più grandi; e dice d’aver visto venticinque vecchi che tenevano le spalle rivolte contro il tempio.

6. I diversi animali schifosi e immondi, ch’erano dipinti nel primo recesso del tempio, sono i pensieri e le concezioni che l’intelletto ha delle cose basse della terra e di tutte le creature, le quali si dipingono tali quali sono nel tempio dell’anima, quando questa ne ingombra l’intelletto, che è la prima stanza dell’anima. Le donne che erano più all’interno, nella seconda stanza, a piangere il dio Adone, sono gli appetiti che si trovano nella seconda potenza dell’anima, cioè la volontà. E questi stanno come piangendo in quanto bramano ciò a cui la volontà è affezionata, cioè gli schifosi animaletti già dipinti nell’intelletto. E gli uomini che stavano nella terza stanza sono le immagini e rappresentazioni delle creature che la terza parte dell’anima, cioè la memoria, custodisce e volge dento di sé. E di esse si dice che stanno con le spalle rivolte contro il tempio, poiché, quando l’anima abbraccia con queste sue tre potenze qualcosa di terreno in modo intero e perfetto, si può dire che essa tiene le spalle contro il tempio di Dio, cioè la retta ragione dell’anima, la quale non ammette in sé nulla che riguardi creature.

7. Per intendere qualcosa di questo brutto disordine dell’anima nei suoi appetiti basti per ora quanto s’è detto. Infatti, se dovessimo trattare in particolare della bruttura minore che viene causata nell’anima dalle imperfezioni e dalle loro varietà; e di quella provocata dai peccati veniali, che è già più grande di quella provocata dalle imperfezioni, e dalla loro grande varietà; e anche di quella causata dagli appetiti del peccato mortale, che è la totale bruttezza dell’anima, nonché delle sue molte varietà; per la varietà e moltitudine di questi tre generi di cose, mai si finirebbe, né basterebbe intelletto angelico per poter intenderlo. Ciò che dico e risponde al mio intento è dunque che qualsiasi appetito, anche della minima imperfezione, macchia ed insozza l’anima.
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Author L'Oratorio di Exsurge
Organization Exsurge Christianitas!
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